Oggi abbiamo ospite in studio Gianni Lombardi, uno di quei creativi che ha visto molte cose negli anni passati e, oltre ad esser stato segretario dell’ADCI, ha lavorato per anni con aziende gestite dalle creature più temibili per i creativi: i venditori.

Caro Gianni, raccontaci un po’ la tua esperienza così i tele-spettatori a casa possono inquadrare meglio chi sei e cosa hai fatto.

Lavoro nella comunicazione da più di trent’anni. Ho iniziato come illustratore e autore di fumetti, poi ho fatto il copywriter e il consulente, specializzandomi in advertising prima, e in direct marketing poi. Dal 1994 circa mi occupo anche di comunicazione online, web writing e social network. Sono stato per diversi mandati segretario dell’ADCI Art Directors Club Italiano e, negli anni 1999-2001 segretario generale dello IAB Italia, Interactive Advertising Bureau Italia. HO quasi sempre fatto il freelance e ho lavorato per più di centocinquanta fra agenzie e aziende.

Le persone che lavorano nell’ambito creativo hanno spesso un rapporto conflittuale con il business, anche quando si tratta del proprio. Capossela all’epoca cantava “sempre afflitti dal denaro, perche’ la roba costa caro, ma l’arte e’ cosa sacra e seria da salvar” questo pattern è particolarmente dannoso per i freelance. da cosa nasce questo atteggiamento?

Il rapporto conflittuale con l’aspetto commerciale del proprio lavoro lo hanno moltissimi professionisti. Secondo un mio ex cliente, molto competente in materia, si tratta di un problema culturale con il denaro, da una parte desiderato e idolatrato, dall’altra temuto e demonizzato. Questo conflitto è spesso presente contemporaneamente ed è analogo al problema che molti hanno con il sesso: desiderato e sempre presente nello sfondo di molte attività sociali, ma considerato “sporco”.

Neanche io sono esente da problemi. Quando ero più giovane ero più determinato e aggressivo nel cercare nuovi clienti e farmi pagare quello che pensavo fosse il giusto prezzo in un’otttica di scambio di valore (“il mio lavoro ti fa guadagnare, pagami bene”). Adesso sono molto più distaccato e disinteressato al problema del compenso. Per accettare un lavoro qualsiasi per me il criterio principale è “si tratta di un lavoro interessante? Il cliente è intelligente e simpatico? Il cliente ha fiducia in me?” Se la risposta è no a una qualsiasi delle tre domande, lascio perdere senza pensarci due volte. C’è un’ultima domanda che mi faccio, la più importante. “io ho fiducia nel cliente?” Se io non mi fido del cliente, motivo ancora maggiore per non averci nulla a che fare. Il rapporto di fiducia deve essere bidirezionale, altrimenti non funziona. Nella comunicazione moderna il cliente che pensa di lavorare secondo il metodo “command and control” secondo me sta sbagliando epoca storica.

In ogni caso, l’aspetto commerciale del mestiere è importante, soprattutto per i freelance. Chi lavora in comunicazione deve imparare a fare marketing di sé stesso, fare i preventivi, fare i prezzi, stipulare i contratti, trattare con intelligenza e flessibilità le condizioni. Soprattutto se deve vivere del suo mestiere e contribuire a mantenere una famiglia.

Comunicazione e marketing sono due discipline contigue eppure spesso noto operatori del settore della comunicazione, al momento mi vengono in mente i grafici, che sembrano quasi allergici al marketing. Più precisamente tendono a fare discorsi generalisti che quasi sfiorano l’ingenuo, come se non si rendessero conto di essere parte di un sistema.
A cosa è dovuta questa particolare situazione? Semplicemente i casi presi empiricamente in esame sono giovani oppure c’è qualcosa di più?

— La comunicazione dovrebbe essere una delle leve del marketing. Il problema in Italia è che il marketing viene spesso mal compreso, viene considerato una disciplina fumosa e principalmente orientata a ingannare il consumatore. In parte è vero: non tutti gli operatori di marketing sono onesti o integerrimi. Ma neanche medici e notai sono tutti integerrimi e competenti. Bisogna andare alla base: il marketing è l’insieme di tecniche per portare il prodotto dall’impresa al consumatore. Contrariamente alle credenze antiche e oggi ingenue, non basta fare un buon prodotto per avere successo sul mercato. Occorre anche confezionarlo, distribuirlo, promuoverlo, comunicarne le qualità.

Il problema di base, in Italia, è che la media professionale è bassa un po’ dappertutto. Bassa la professionalità di marketing nelle aziende italiane, bassa la professionalità dei creativi: in entrambi i casi spesso si tratta di gente di cultura media che si improvvisa nella professione di esperto di marketing o di esperto di comunicazione, partendo da professioni diverse. D’altra parte in Italia la scolarità media è più bassa del resto d’Europa, i libri letti annualmente pro-capite sono meno che nel resto d’Europa, non possiamo pensare che tutti gli operatori di marketing e di comunicazione italiani siano allineati o sopra la media Europea. Più facile che siano sotto la media, caso mai.

Nel 1991 avevi scritto avevi scritto il libro “Come fare il freelance e guadagnare da 50 a 250 milioni l’anno”; è passato un po’ di tempo: oggi cosa consiglieresti di fare a coloro che si mettono in proprio nel settore creativo?

— Si trattava di un manuale pratico che inizialmente avevo messo in vendita con la tecnica dell’autopubblicazione (mailing promozionale, scheda d’ordine, spedizione postale del libro). Ne ho vendute un po’ di copie poi ho lasciato perdere perché i costi italiani dell’autopubblicazione cartacea erano troppo elevati. Iservizi postali italiani sono sempre stati fra i più costosi e  i meno efficienti d’Europa, e d’altra parte, non essendoci Internet, non c’erano canali pubblicitari accessibili per un microeditore. Oggi con il digitale è tutto diverso. Successivamente l’ho distribuito gratuitamente via e-mail. Penso di recuperarlo e metterlo online gratuitamente attraverso qualche piattaforma di e-book publishing (gratuitamente perché, pur essendo secondo me una lettura utile per il giovane che vuole fare il freelance, non è aggiornato alle novità tecnologiche e di marketing attuali).

Attualmente alcuni miei libri sono disponibili qui: http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Ddigital-text&field-keywords=gianni%20lombardi

e qui: http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Ddigital-text&field-keywords=gianni+da+re+lombardi&rh=n%3A818937031%2Ck%3Agianni+da+re+lombardi

e qui: http://www.lulu.com/shop/search.ep?type=&keyWords=gianni+da+re+lombardi&x=0&y=0&sitesearch=lulu.com&q=

Si tratta di libri sul tema dello yoga, del marketing per le associazioni sportive e culturali, e un libro sulla scrittura creativa. Sono tutti disponibili a prezzo molto basso perché preferisco contribuire alla diffusione del know how piuttosto che cercare la massimizzazione del guadagno.

La comunicazione è quel qualcosa che può servire nella vita di chiunque a prescindere dal fatto che lavori o meno nel settore, ci sono libri che consiglieresti a chi vuole comunicare meglio?

— Consiglierei il fondamentale “How To Win Friends and Influence People” di Dale Carnegie. Poi “Permission Marketing” di Seth Godin. Infine “Ogilvy on Advertising.”  Poi l’Otello di Shakespeare, con particolare attenzione sulla parte di Iago.

Poi, due libri esoterici. Il commento agli “Yogasutra di Patanjali” di Edwin F. Bryant, e “La scienza dello yoga” di I.K. Taimni. Entrambi sono commenti dell’antico testo degli Yogasutra, un testo che ha anticipato di molti secoli le scoperte della psicologia contemporanea. Apparentemente non c’entrano niente con la comunicazione, ma in realtà possono spiegare molto di come percepiamo il mondo.

Potete seguire Gianni Lombardi su http://scrittorefreelance.blogspot.it/

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