Prima della fortunata serie di Netflix, il caso di Wanna Marchi era stato sviscerato in questo intrigante documentario dai toni chiaro-scuri.

Con la versione in 4K di Netflix il regista ha smontato nel dettaglio tutta la faccenda personale e giudiziaria, ed è stato possibile apprezzare tutti gli aspetti della sua attività.

Analizzando con gli occhi del cuore marketing attuale possiamo vedere come in molti aspetti Wanna fosse incredibilmente avanti e come i suoi metodi abbiano anticipato cose che vediamo tutt’oggi girare fra un’ads e l’altra. Beninteso: si tratta comunque di leve vecchie come l’umanità, usate nei millenni da svariati personaggi mistici.

Per questa disamina scrivo a 4 mani con Alessio Sarnelli dopo un’amabile conversazione online su questo caso scottante.

Battere sul Pain

Questa espressione normalmente la vedo girare fra i venditori più agguerriti:
prendere il Pain point, ovvero un problema del cliente, e marciarci sopra all’inverosimile per farlo comprare.

Nel caso della Marchi si partiva con l’osservazione del reale “tutti hanno la pancia, vendiamo lo sciogli pancia” e con questa statistica casereccia ha costruito una rendita da miliardi di lire a suon di aggressivi insulti verso il consumatore.
Sì, va detto che senza il moltiplicatore del medium più potente di quell’era, la TV, non ci sarebbe riuscita.

Il Targeting

Nella parte iniziale della serie, Wanna asserisce che l’aver lavorato come aiuto-parrucchiera, facendo le unghie aveva avuto modo di ascoltare le signore chiacchierare di tutti i loro affari personali.
Quelle stesse signore che di lì a poco sarebbe divenuto il suo target principale.
Quindi la sua conoscenza profonda dei meccanismi della psiche delle persone, che lei liquida in cose alla fin fine molto semplici, è stato il cuore di tutte le sue attività successive.

Diciamocelo: tutte le analisi del sentiment non possono competere con una cosa del genere.

Creazione e corretta gestione di un database di clienti e prospect

“Tu pensa il compagno della Marchi chissà che cazzo di software proprietario avrà sviluppato per poter, dopo averli archiviati, trovare tutti i nomi e richiamarli secondo i parametri ricercati per trovare la persona giusta dopo magari anni. E noi qui a studiarci le buyer personas come dei pivelli.”

[estratto dalla chiacchierata]

Questo punto, per ovvi motivi narrativi, è tra i meno battuti nella serie ma, con gli occhi del marketer, è quello che chi vi scrive ha più colpito in termini di lungimiranza e strategia di vendita sul medio lungo periodo.

Una delle vittime del diabolico duo, colei che a 71 anni farà da talpa per conto di Striscia, ci dice, attraverso le parole della figlia, di essere stata contattata nel 2001 dopo che, anni prima, aveva acquistato una delle famose creme dimagranti di Wanna.

E qui vale la pena decostruire e contestualizzare l’evento per capire la complessità di ciò che è successo.

Il possibile prospect della truffa, uno dei 310.000 nomi presenti nei registri di Marchi, viene contattato a distanza di anni dal primo acquisto perché ritenuto idoneo alla vendita.

  • Primo punto: come è stato possibile che gli operatori telefonici (il reparto commerciale) avessero una tale scrematura dei prospect?

    Wanna Marchi, tra il 1980, anno della sua ascesa, al 2001, è fallita (con dolo) non meno di due volte, con società i cui documenti sono finiti nelle mani della magistratura.
    Ciò non di meno ha, con tutta evidenza sulla base della testimonianza sopra citata, avuto sempre la lucidità di preservare quello che è l’asset per eccellenza per un’impresa: il registro dei clienti.
    Ha avuto più soci -che ha sempre raggirato e le hanno fatto la guerra sul piano legale- eppure ha salvato l’unico elemento immateriale con il quale rimettere in piedi la propria attività.
    Quante imprese conosciamo, da consulenti o da interni, che trattano con la medesima cura il registro clienti? 

  • Secondo punto: al telefonista arriva uno (o immaginiamo una serie) nominativo da contattare per proporgli un prodotto. Quale è stato il processo di scrematura e profilazione che porta all’individuazione di quel nome o serie di nomi?

Da Mad Man a Meta: la profilazione 30 anni prima di Facebook.


La serie Netflix non si sofferma su questo punto e da utente capisco l’esigenza narrativa, ma sul piano del marketing per rispondere a questa domanda dobbiamo individuare un personaggio chiave della vicenda, ossia
Francesco Campana, perché da lui dipende tutta la fase di digitalizzazione e profilazione profonda sulla quale Wanna Marchi ha marciato come un treno verso la massimizzazione dei profitti, e, di conseguenza, verso la sua fine.

Campana, compagno e poi marito della Marchi sin dagli anni ‘80, era un sistemista e perito informatico ed è colui che, almeno per chi vi scrive, è il vero artefice del balzo in avanti che Wanna Marchi ha compiuto in termini di efficienza di vendita.

Se tenere un registro clienti è cosa buona e giusta per ogni azienda, la capacità di produrre un software in grado di digitalizzare e profilare secondo esigenze diverse quel registro è la chiave di volta per ottimizzare i processi di scouting e vendita.

Sulla scorta di quello che la talpa di Striscia ci ha raccontato, Campana aveva presumibilmente creato un gestionale interno (un software proprietario quindi) in grado di classificare tutti i clienti di Marchi e richiamarli nel caso rispondessero ai parametri richiesti per il prodotto che l’azienda aveva messo sul mercato.

Immaginate quindi di avere sottomano un registro da 300 mila e passa nomi che è plasmabile in relazione a keyword di pertinenza, con il quale sapere, in relazione a demografiche o interessi, quali sono le persone naturalmente predisposte a comprare un prodotto.

Un Cambridge Analytica che incontra il Santone di Avella nello specifico, ma in ogni caso uno strumento potentissimo per chi vende.

Marchi ha quindi avuto a sua completa disposizione, ben prima dell’avvento di Google Analytics, Business Manager et similia, degli strumenti con i quali passare dal marketing televisivo (compro spazi per parlare a tutti per arrivare alla nicchia che mi interessa) al marketing digitale (profilazione e somministrazione ad hoc di una campagna) almeno un decennio prima che questi fossero tool nelle mani di uno strategist contemporaneo.

In conclusione

Siccome è facile fraintendere gli intenti di un contenuto, come anche quello del documentario che documenta e non glorifica(*), lo sottolineo con le parole di Luca Orlandini, altro avventore della chiacchierata.

“Over promise in combo con under deliver, vendita di opportunità irraggiungibili…non è marketing”(**)

Quanto è stato sviscerato finora ha la sola finalità di retro-ingegnerizzare il modello affinché tu, consulente di digital, possa insultare il tuo mancato cliente con questo comodo prontuario.

“Wanna Marchi, con la quinta elementare, aveva 20 anni fa un database di clienti più sofisticato del tuo”

“Tu dei tuoi clienti non sai talmente niente, che ti conviene cominciare a far loro le unghie come Wanna Marchi”

“Wanna Marchi faceva upsell richiamando la gente dopo 20 anni, tu non mandi neanche un messaggio post-acquisto”

“Wanna Marchi ha conservato il suo archivio di clienti attraverso 3 decadi, 2 fallimenti, 10 anni di prigione e tu non ha il backup del file excel con i tuoi nominativi”

(*) vi allego un’ottima intervista di Gianmaria Tammaro al regista della serie
https://www.lastampa.it/spettacoli/tv/2022/09/27/news/garramone_wanna_marchi_ha_anticipato_il_futuro_le_sue_televendite_erano_le_storie_di_instagram_di_oggi-9788985/

(**) over-promise = quando in una pubblicità (e non solo lì) prometti qualità del prodotto che non ci sono

Under-deliver = quando il valore del prodotto è inferiore a quanto promesso.

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