Abbiamo oggi in trasmissione Giovanni Fracasso di ictsviluppo che ci spiegherà con calma un po’ di nodi gordiani che gravitano attorno all’inbound marketing
Cominciamo dall’inzio, qual è la finalità dell’inbound marketing?
Il fine dell’inbound marketing? Dare alle persone quello che vogliono senza spaccare i coglioni al mondo con la tua memorabile azienda, il tuo fantastico prodotto, nella convinzione – esatta e giusta per chi si dedica all’inbound e cerca di convincere tutti ad abbracciare questa logica di comunicazione e commerciale – che alla gente non frega nulla del tuo prodotto di merda o della tua fabbrica, di chi l’ha fondata o di quanto innovatore e giovane dentro sei, ma alla gente interessa solamente risolvere i loro problemi, soddisfare i loro bisogni, gestire le loro opportunità. E i tuoi prodotti o servizi vengono comprati nella misura in cui le persone reputano che essi possano migliorare la loro condizione nell’ambito in cui il tuo prodotto o servizio si eroga.
Credo ci sia un po’ di confusione attorno all’inbound, secondo te com’è il quadro della situazione? Ho l’impressione ci sia un po’ di caos nel mercato…
Mi sono decisamente rotto le palle di vedere molte aziende prese per il culo da agenzie che sfruttano la buona fede di imprenditori e lavoratori interni di queste, spacciando per inbound marketing servizi che con l’inbound non c’entrano proprio nulla. Vedi, il problema sta nel fatto che dal 2009, anno in cui i due fondatori di HubSpot hanno scritto il libro “Inbound Marketing”, al 2016, la presenza commerciale della multinazionale del marketing in Italia è stata nulla. In un panorama dove una metodologia nuova e dirompente non veniva spiegata e divulgata da chi ha avuto l’intuizione e aveva creato un software per attuarla, l’inbound è diventato, in Italia, quasi un sinonimo di SEO, un po’ di social e conversione. E così centinaia di agenzie e freelance stanno spacciando Inbound marketing il loro servizio che con l’inbound non c’entra un emerito cazzo.
Sbaglio o questa scena mi ricorda qualcosa…
È un po’ quello che è successo con la comunicazione web alla fine degli anni ’90 e negli anni 2000: gente che aveva studiato per fare cataloghi, loghi e che era abituata a fare le pubblicità sui giornali, si sono trovati a voler ampliare l’offerta vendendo siti web ai loro contatti commerciali, generando le mostruosità di siti web in flash – fino al 2006-2007, quando Steve Jobs l’ha condannato a morte con il primo iPhone – e delle merde di siti web autoreferenziale nella seconda metà degli anni 2000, a volte pensando di fare il sito web più figo del mondo ma del quale non si capiva una mazza. Quando nascono dei grandi pensieri, delle metodologie, dei canali, chi è sul mercato spesso si reinventa pur senza averne le competenze, le capacità o, semplicemente, come nel caso dell’inbound marketing o di HubSpot, non capendo un cazzo di quello che vanno a fare.
Come dovremmo considerare l’inbound nel contesto del marketing aziendale?
Mettiamo dei paletti: fare Inbound marketing senza fare Inbound sales è un coitus interruptus. Per fare Inbound marketing non puoi perdere per strada una serie di passaggi, oltre alla lead generation, che sono determinanti per portare a casa il risultato, tra cui l’alimentazione dei contatti tramite marketing automatico – per consegnare “the right content to the right person at the right time” – o per segmentare in cluster a seconda degli interessi. Per fare queste cose ci vuole la tecnologia e non una tecnologia scomposta e che non riesce a garantire la continuità del dato nel flusso informativo che dal mercato porta all’interno del tuo database, per arrivare davanti al commerciale.
Qual è allora l’approccio più corretto? Che piattaforme conviene utilizzare?
HubSpot è un software pensato, sviluppato e continuamente migliorato per fare Inbound marketing.Il resto è una presa per il culo, se stai tentando di vendermi Inbound: mi fai capire i principi, metti insieme alcuni spezzoni, ma trovateci un altro nome per favore. L’inbound (e HubSpot) sono strumenti e metodologie figlie di una vision chiara: basta rompere i coglioni alle persone a cui vuoi vendere qualcosa. E per fare questo non si può parlare di solo marketing. Anzi, direi che il punto centrale non è sul marketing ma sul commerciale.
La comunicazione si deve mettere supina al servizio del commerciale, con l’obiettivo di portare lead profilati e qualificati ai commerciali che devono mettersi in contatto con i prospect o condurre trattative commerciali.
Hubspot ha l’enorme vantaggio, rispetto a qualsiasi altro accrocchio da smanettoni, di concentrarsi sulle metriche di business e di fornire un unico strumento, con valutazioni armoniche ed omogenee sia per chi si occupa di marketing che per chi si occupa di sales.
Quindi Hubspot è un must have per l’inbound?
Se siete bravi fare social media manager, lavorare sulla reputazione, fare SEO, perfezionare la brand awareness, gestire il posizionamento di marchi e prodotti, lavorare sulle conversioni, creare grandi strategie digitali, vendere online … continuate a farlo!
Ma non infinocchiate le persone con la metodologia Inbound se non avete intenzione di togliere una parte del budget che il cliente riserva e – anziché intascarvelo – destinarlo a strumenti software che possano aiutarvi a fare DAVVERO Inbound marketing.
Un consiglio ulteriore: non pensate di fare Inbound marketing se poi nona avete intenzione di modificare anche il commerciale della vostra azienda, perché l’inbound marketing senza il sales non aumenta il fatturato.