Recentemente sono inciampato in questo articolo molto interessante
http://www.cdt.ch/cultura-e-spettacoli/arte/144330/l-arte-di-oggi-%C3%A8-pubblicit%C3%A0-occulta
che risponde a una domanda che mi ero sempre fatto:
“Ma come funziona il business dell’arte contemporanea?”

Partendo da questo articolo, vediamo come possiamo formalizzare con il business model canvas il mestiere dell’artista.

Prendiamo questa frase

«Un artista realizza un’opera. Viene vista. I critici, sulla base delle proprie conoscenze, così si fa dal Diciottesimo secolo, ne danno un giudizio. La somma dei giudizi dà valore all’opera.»

e la definiamo nel canvas

  • Key Partner: i critici
  • Key resource: artista
  • Key activities: creare l’opera
  • Value Proposition: valore dell’opera
  • Customer segments: acquirente d’arte
  • Revenue Streams: il costo dell’opera

In questo processo notiamo che il Key Partner sostanzialmente definisce la Value Proposition che a sua volta definisce il prezzo.

Vediamo questo passaggio all’era attuale.

«Questo è quanto dovrebbe accadere. Non accade più. Oggi si costruisce il consenso. Intorno a un artista viene mosso un sistema di forze finanziarie e mediatiche che imbastisce una grande narrazione per sostenerlo e portarlo al successo. Cioè per dargli visibilità. La quale consente, di lì a poco, di raccogliere potere economico».

Nella frase evidenziata si concentrano quindi una serie di stakeholder, meglio elencati nella parte successiva dell’articolo, che ovviamente finiscono nei Key Partner.

Questo passaggio

«Attraverso uffici stampa, serate, eventi, cene e vernissage si fa conoscere un’opera d’arte di fronte alla quale l’assenza di un parere critico autonomo apre la strada al consenso. Si continua poi con le esposizioni e la chiacchiera dei giornali di cui magari sono proprietari gli stessi che acquistato le opere e se le scambiano a più alti livelli».

vediamo descritti i blocchi Channeles e Customer relationship.

Ci fa notare che dobbiamo estendere la lista di Customer in quanto non tutti gli attori coinvolti in questo quadro sono incasellabili come key partner: per esempio quando parliamo di media, l’arte/l’artista è oggetto del business del giornalista/editore, quindi è un customer della nostra opera anche se materialmente non l’acquista.
A questo punto il customer relationship che intratteniamo con il target giornalista diventa di fatto un channel attraverso il quale andiamo ad incrementare la value proposition.

L’aspetto interessante di questo business model è che i vari pattern di relazione, che potremo bonariamente nomenclare con “intrallazzamenti a vario livello”, sono ripetibili e con il passare del tempo, nell’ipotesi di un meccanismo efficiente, diventa un meccanismo auto alimentante:
l’artista userà il successo pregresso come base per l’aumento del markup sul singolo oggetto venduto.

A questo punto questo modello può arricchirsi di altri pattern prevalentemente incentrati sul trittico: “channel, key partner, customer segment” che producono la value proposition che definisce il markup.

Share This