Introduzione

A quanti di voi è capitato di essere voraci divoratori di storie da bambini? A me sì, ricordo che tutta la mia vita era intrisa di storie che non ne volevano sapere di rimanere rinchiuse tra le pagine di un libro. Ricordo che adoravo osservare le persone e immaginare le loro storie, io stessa vivevo dentro una storia, facendo vorticare a un ritmo forsennato la mia immaginazione.

Poi a un certo punto qualcosa è cambiato. A scuola, insegnanti e compagni di classe, non vedevano di buon occhio la propensione a rimanere affascinati – incantati – dalle storie. Il che può sembrare un po’ un paradosso, dato che avevo scelto di dedicarmi alle lettere. Progressivamente, ho iniziato a vergognarmi di ciò che mi rendeva felice. Ho smesso di disegnare, ho smesso di scrivere nei miei quadernetti segreti, ho smesso di leggere i generi che mi piacevano davvero. Per cercare di diventare ciò che il mondo esterno si aspettava da me. Senza grilli per la testa. Facendo sempre più spazio a un approccio analitico, cioè quello necessario a intraprendere un percorso accademico. Durante gli anni di dottorato ho capito che non c’era spazio per nient’altro. O meglio, in realtà, il lavoro di ricerca può coesistere benissimo con la passione per le storie in altri ambiti, ma non era un’eventualità ammessa dal contesto.

A un certo punto, mi sono resa conto di ricercare le storie, l’immaginazione e la voglia di capire ed empatizzare con le persone come se mi mancasse l’aria, per ritrovare l’incanto, il riconoscimento, l’identità che mi sembrava di aver smarrito per strada. Proprio come afferma J.K. Rowling e riporta Andrea Fontana nel libro, l’immaginazione è ciò che ci permette di provare empatia.

E infatti, all’inizio del libro, l’autore ci spiega che in quanto esseri umani non possiamo fare a meno delle storie. Il nostro cervello è programmato per essere incantato. Soltanto, non tutte le storie sono uguali e non tutte sono fatte per toccare le nostre corde più profonde. Così, Andrea Fontana, ci guida facendoci “unire i puntini” e camminare lungo un “filo rosso” senza impartire comandamenti dall’alto, senza giudicare e senza forzare, come un novello Socrate un po’ meno burbero che ti porta in modo dialogico a capire quali sono i meccanismi per cui le storie funzionano.

Capiamo fin da subito cosa non è lo storytelling. Innanzitutto, è chiaro che qui non stiamo parlando della fuffa che cercano di vendere i guru. In effetti, lo storytelling non è una tecnica di vendita. L’approccio narrativo è diventato il modo attraverso il quale riusciamo a connetterci empaticamente con i nostri pubblici, una strategia di comunicazione di cui oggi non possiamo fare a meno. Ma non va inteso come un espediente che ci aiuti a far vendere di più rifilando una storiella ai nostri interlocutori.

L’autore ci porta a scoprire quali sono le tipologie di storie universali, quali sono le loro leve, i meccanismi e gli stilemi, in modo che riusciamo a orientarci per capire qual è il modo migliore per comunicare con la nostra audience in maniera autentica. La condizione necessaria? Mettersi in ascolto. Ogni sezione è ricca di case history esemplificative di ogni linea narrativa, schemi e schede di autovalutazione che danno un approccio pratico al libro, per iniziare a esercitarsi nell’assumere un approccio narrativo nella nostra comunicazione.

Highlights

“L’incanto serve per distinguersi nei mercati saturi e nel rumore dei tanti contenuti che fruiamo ogni giorno online e offline”.

“Oggi più che mai le storie sono diventate cibo. Nutrimento per le nostre anime e i nostri sistemi culturali e cognitivi”.

“Non verrete ricordati per aver gridato più forte, ci sarà memoria di voi perché avrete nutrito e stabilito un legame con delle moving stories”.

“Viviamo in società e ambienti digitali dove continuamente riscriviamo le nostre identità individuali e di gruppo oltre che le nostre relazioni di valore”.

“Le storie che incantano parlano anche di te, ma non solo di te. E hanno una particolarità: collegano perfettamente la tua storia e la tua narrative agenda con quella dei tuoi pubblici e con il momento storico o sociale che si sta vivendo”.

“Le storie che incantano hanno ritmo. Non puoi pensare di raccontarti senza dare armonia e misura al tuo racconto”.

Chi dovrebbe leggerlo

  • Chi lavora con i contenuti e ha un mindset modellato esclusivamente sugli analytics,
  • chi ancora confonde pubbliredazionale e storytelling,
  • chi ha capito che in questo momento storico abbiamo bisogno di ritrovare l’incanto ed è disposto a cambiare radicalmente approccio nella comunicazione di marca (e non solo).

Recensione by Francesca Merlo


 

Info

Titolo: Storie che incantano
Autore: Andrea Fontana
Editore: Roi Edizioni
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