Oggi in studio abbiamo Alessandro Chidichimo, il ricercatore che è riuscito in un’impresa epica: è riuscito a finanziare un pezzo della sua ricerca grazie al crowdfunding.
La cosa epica dell’impresa è che il nostro eroe non stava studiando qualcosa che avesse un alto tasso di coinvolgimento, come potrebbe essere un nuovo sistema di ottimizzazione di youporn, bensì una ricerca storica.
Il riassunto dell’accaduto lo trovate in questo apposito link
http://www.radiocusanocampus.it/podcast/?prog=488

Siccome LoL Marketing è terra di tecnicality, vediamo insieme i dettagli.

1) Qual è il target che ti sei dato per la campagna?

Come in ogni crowdfunding le prime persone a cui pensare sono quelle che compongono la tua rete di rapporti. In seguito certo ho pensato ai colleghi universitari e alle comunità specifiche interessate alla storia. Poi siccome il soggetto della mia ricerca aveva anche aspetti più ampi – la seconda guerra e la persecuzione razziale – ho creduto che avrebbe potuto interessare un pubblico più ampio.

2) Hai agito principalmente basandoti sul tuo network di contatti? Ti sei appoggiato a qualche community?
Ho usato il network e ho provato anche a utilizzare delle community. Per esempio i gruppi facebook dei ricercatori e degli italiani all’estero per esempio ma non ne ho tratto grandi risultati in termini di versamenti e sostegno concreto, né di rilancio del progetto su altre pagine. Certo in termini di visibilità ha aiutato probabilmente in un’economia generale a far passare la notizia.

3) Hai utilizzato post sponsorizzati, advertising di google facebook?
No, niente id tutto questo. Volevo che la campagna fosse diretta e che non passasse attraverso questi mezzi. Credo che se cominci a utilizzare tali sistemi, allora ottieni uno scollamento dal progetto che stai sostenendo da parte dei possibili contributori. Sai, sarebbe come scimmiottare un’azienda, mentre quello che tu vuoi fare è l’esatto contrario: mostrare che una ricerca viene dal basso e che si diffonde attraverso sistemi non convenzionali. Potrebbe essere un’idea per un’istituzione di utilizzare tali sistemi – se naturalmente gli advertising fossero gratuiti e offerti come contributo alla campagna di comunicazione del crowdfunding. Il mio caso però è diverso: non sono un’istituzione accademica che può mobilitare la sua rete di contatti attraverso la sua immagine istituzionale. La mia sola merce di scambio è la mia reputazione – quindi il fatto che aggiunga un link alle mie pubblicazioni precedenti – e quello che riesco a comunicare.

4) Nei messaggi che hai inviato, hai utilizzato qualche accorgimento nella stesura del testo?
Beh, certo, visto che il progetto interessava diverse comunità per prima cosa ho dovuto comunicare in tre lingue (italiano, francese e inglese), mentre la pagina su wemakeit era in sole due lingue – francese e inglese. Poi a seconda del pubblico ho dovuto spiegare alcuni dettagli – chi era Benveniste per esempio a chi non si occupa di linguistica o scienze umane – e utilizzare anche dei passaggi più chiari.

5) Dì a verità: il tuo background da giornalista ti ha dato una mano, vero?
Non saprei. Alla fine è da qualche anno che non lavoro più attivamente come giornalista e il mio network è piuttosto italiano nei media e non svizzero o straniero in generale. Alla fine gli articoli sui giornali sono arrivati piuttosto attraverso la rete di contatti privati. Ma dopo l’uscita su IlFatto quotidiano le cose si sono sviluppate autonomamente.
Credo che mi abbia aiutato piuttosto l’esperienza che feci durante l’università in Calabria con un editor, Orazio Converso – è lui che ha inventato la prima videorivista italiana Videor – e che era del tutto all’avanguardia facendoci lavorare sul sito web istituzionale Mondoailati che era una sora di facebook prima di facebook – si parla ormai del 2002 – e che ci ha iniziato alla cultura dell’open source e che ci ha dato il coraggio di pubblicare e di scrivere in rete. In un certo senso ha cambiato la nostra mentalità del lavoro in rete. Peccato fu che in seguito l’università decise di chiudere questa esperienza con delle motivazioni del tutto ridicole e senza prospettiva.

6) Secondo te la tua campagna è un modello replicabile? Un ricercatore che volesse fare la stessa cosa, cosa potrebbe fare / a chi si dovrebbe rivolgere?
Credo di sì, perché no? Dipende da quanto coraggio hanno le persone e dipende soprattutto da che tipo di accademia provengono – sono liberi di agire e di sperimentare oppure preferiscono passare per canali istituzionali? Poi è tutta iniziativa personale: come ti vuoi presentare? Come vuoi presentare il tuo progetto? Che cosa vuoi veramente ottenere? Infine, un ricercatore che volesse fare la stessa cosa e non sa come fare, ma davvero non sa cosa fare, allora mi può mandare una mail.

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