Bricomatt è uno store di materiali per l’edilizia e la casa che, con il buon auspicio del rinnovo, invita il consumatore a buttare via le cose vecchie.

Ora:

vi possono essere mille e più allegorie per rendere l’idea, purtroppo l’azienda ha scelto una soluzione di dubbio gusto e dubbia efficacia.
Questo è il 6X3

E questi i volantini diffusi nella cittadina

Scherzare con certi temi è un’arma a doppio taglio che solo certe persone sono in grado di maneggiare, evidentemente Bricomatt non è tra queste.

Abbiamo due problemi:

1) l’associare un elemento positivo come il liberarsi delle cose vecchie a una patologia come la bulimia.
Il paradosso del contrasto funziona male, dal momento che può essere letto come: il cibo è spazzatura di cui ci si deve liberare.
Sostanzialmente questo messaggio diventa un involontario manifesto pro anoressia.

2) la situazione si aggrava con la scelta di raffigurare una donna, sostenendo de facto stereotipi tutt’altro che sani per la donna quanto per la società in genere.
Per altro la comunicazione del cartellone viene coniugata nei volantini con una dinamica pure peggiore: strizza l’occhio al richiamo sessuale con l’inquadratura hot & censored, quindi cadiamo nel precipizio del sessismo e già che ci siamo premiamo ulteriormente l’acceleratore.

Ve ne sarebbe un terzo: il lavoro è pessimo anche dal punto di vista strettamente implementativo.
Photoshop è stato usato a man bassa per dimagrire in maniera posticcia la protagonista: lo si nota dalle proporzioni incompatibili tra giro vita e quadricipite, il braccio vistosamente distorto e altri dettagli deleteri qua e là.

L’unica cosa che mi auguro è che ci siano stati più di un fotografo e più di una modella che abbiano sdegnosamente rifiutato questa commissione.

Piccolo promemoria per le PMI italiane (e chiedo scusa per l’arroganza del memorandum, visto che viene da un mister nessuno senza leoni d’oro):

1. La provocazione è propria dell’arte, la pubblicità può servirsene ma con criteri molto più stretti:
l’arte rende conto solo a se stessa (o al massimo ai critici che devono prezzarla), la pubblicità al pubblico e di conseguenza al vostro ROI.
2. Il fatto che in questo istante non ci sia un tam tam pressante sui media riguardo alla questione “uso del corpo femminile in pubblicità”, non significa che la questione sia archiviata.
3. Quando un’agenzia vi fa una proposta un po’ fuori dalle righe fate un test, anche casereccio e fatto in economia: vi può rilevare eventuali cortocircuiti comunicativi.

Mi sembra doveroso citare l’articolo che mi ha dato spunto a queste riflessioni: comunicazionedignere.wordpress.com.
In questo articolo trovate una selezione di post del sito fatta apposta per addetti ai lavori incastrati da clienti non proprio al passo con i tempi.

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